“Autonomia: Nord contro Sud, Sud contro Nord?”

Visto lo stallo sull’attuazione dell’autonomia differenziata e la sollevazione di esponenti della politica, dell’economia, della cultura e della società civile del Sud contro quella che è stata definita come “la secessione dei ricchi”, l’associazione Veneto Vivo ha pensato di organizzare un incontro-confronto, che si terrà il prossimo 14 settembre alle ore 9.30 presso l’azienda ‘47 Anno Domini’ a Roncade (https://www.google.it/maps/place/47+Anno+Domini/@45.6410841,12.3249523,14z/data=!4m5!3m4!1s0x47794ece8d0adf35:0x9568d2a48d6bf73b!8m2!3d45.6410799!4d12.3424618), con:

– EMANUELE FELICE, storico, economista, autore di apprezzati testi sulle cause del divario tra Nord e Sud del Paese, oltre che di numerosi interventi sui quotidiani nazionali in cui ha manifestato le sue perplessità sul processo avviato dalle Regioni di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna; 

– GIANCARLO CORÒ, docente di economia dello sviluppo ed economia dei sistemi di Impresa all’Università Ca’ Foscari di Venezia e responsabile scientifico dell’Osservatorio economico della Fondazione Nord Est, favorevole al progetto di attuazione dell’autonomia differenziata; 

– DARIO STEVANATO, professore ordinario di Diritto tributario all’Università di Trieste e componente della delegazione trattante sull’autonomia differenziata per la Regione Veneto;

– LUIGI IACONO, già Segretario generale sia in Comuni del Sud che in Comuni del Veneto, oltre che già Sindaco del Comune di Serrara Fontana (NA);

– SIMONETTA RUBINATO, Presidente Veneto Vivo, avvocato, già parlamentare della Repubblica.

Siamo tanto convinti della necessità per il Veneto di ottenere maggiori forme ed ulteriori condizioni di autonomia per salvaguardare le prospettive di sviluppo del nostro territorio nel contesto della globalizzazione, stante anche il gap competitivo rispetto alle Regioni Speciali confinanti, quanto siamo consapevoli che tale riconoscimento non potrà essere conseguito se non si riuscirà a superare la contrapposizione territoriale in atto, spiegando come l’attuazione del regionalismo differenziato possa essere un’opportunità per realizzare una migliore articolazione della democrazia secondo il principio di prossimità, per evitare il declino del Paese, per rafforzare il processo di integrazione europea valorizzando le esperienze positive dei territori e delle comunità. Non è un caso che il principio autonomistico sia stato collocato dai Costituenti tra i principi fondamentali all’art. 5 della Costituzione, della cui carica rivoluzionaria si è tuttavia sin qui smarrita (o tradita) la missione.

L’incontro vuole essere pertanto un’occasione per approfondire le cause del sottosviluppo di una parte rilevante del Paese e i timori che in essa genera la richiesta di maggiore autonomia delle Regioni considerate le più produttive e ricche di opportunità, ma anche l’occasione per spiegare come l’istanza maggioritaria di autogoverno della società veneta vada considerata in chiave di piena attuazione dei principi di prossimità e sussidiarietà. Deve maturare la consapevolezza che valorizzare le capacità di ciascun territorio è la strada che può rafforzare la coesione nazionale sulla base di un nuovo patto di reciproca solidarietà e responsabilità tra le Comunità per lo sviluppo del loro territorio e del Paese.

  Contiamo sulla più ampia partecipazione possibile!

Auitonomia del Veneto: non è la secesione dei ricchi. Voci del nord e del sud

Il Sud è la parte più debole di un Paese l’Italia, in cui da due-tre decenni le condizioni fondamentali dello sviluppo appaiono al di sotto di quelle di ogni altra economia avanzata: così è per il sistema di istruzione e innovazione, fanalino di coda nel gruppo OCSE e per giunta sottofinanziato; per l’apparato burocratico-amministrativo, pletorico, ostinato, che scoraggia l’imprenditoria pubblica e privata, raddoppia i tempi (e i costi) delle grandi infrastrutture rispetto alla media europea ed è vivaio dove prolifera la corruzione, clientelismo e comportamenti opportunistici; per l’illegalità e il malaffare, che almeno nella percezione dei cittadini si attestano su livelli propri di una società sottosviluppata (…) E in cima a tutto ciò vi è una classe dirigente politica e imprenditoriale che da altrettanto tempo (fin dagli anni ottanta, con una breve eccezione negli anni Novanta) si ostina a sottovalutare questi problemi, illudendosi che per tornare a crescere basti flessibilizzare il lavoro, creare spesa pubblica, o potere di nuovo svalutare il cambio (…) E si badi bene che comunque l’appartenenza all’Italia ha comunque garantito ai meridionali un flusso di risorse netto positivo (vero è che la spesa pubblica per abitante è più bassa al Sud che al Nord; ma in cambio dal Mezzogiorno, più povero, ancora più basse sono le uscite fiscali)”.

Dal libro “In Sud, l’Italia e l’Europa” di Emanuele Felice 

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