L’Alto Adige apre la breccia: la ripartenza con l’Autonomia è tutta un’altra storia

C’è un territorio in Italia, vicino per cultura e lingua al mondo tedesco, che ha ottenuto il riconoscimento di forme e condizioni particolari di autonomia speciale nel dopoguerra, con la garanzia di un altro Stato (l’Austria). Un territorio che pratica da oltre mezzo secolo l’autogoverno della propria Comunità, negoziando in via progressiva con il Governo italiano l’attribuzione concreta di ulteriori competenze e funzioni, nonché effettiva autonomia finanziaria. Un territorio in cui i partiti nazionali italiani sono minoritari e la forza politica territoriale che esprime il Presidente della Provincia Autonoma da sempre è la SüdtirolerVolkspartei (SVP). Ebbene, l’attuale Presidente Kompatscher dopo il Dpcm del 26 aprile scorso del presidente del Consiglio Conte, che ha stabilito il prolungamento del lockdown per molte attività economiche, non si è limitato a dichiararsi deluso, ma ha annunciato l’interruzione della collaborazione con il Governo (della cui maggioranza fa parte, in particolare con tre senatori della SVP decisivi a Palazzo Madama) se non venisse riconosciuto alla Provincia Autonoma di Bolzano di seguire un percorso autonomo per la fase 2. I media nazionali lo hanno qualificato come ‘un ricatto’. Mentre Kompatscher, sostenuto dal partito locale SVP, ha spiegato che l’approccio centralista per cui ogni dettaglio viene deciso a Roma in modo uniforme anche per la fase successiva all’emergenza (invece di linee guida nazionali che tengano conto della diversa curva epidemiologica nei diversi territori) è sbagliato e che “un territorio autonomo, come l’Alto Adige, non può accettare che, anche dopo la fase di acuta emergenza, la nostra intera vita sociale ed economica venga per mesi regolamentata con decreti d’emergenza. Autonomia significa responsabilità”. “Noi sicuramente cercheremo di mitigare gli effetti che questo approccio romano ha sul nostro territorio. Non possiamo uccidere l’economia, i posti di lavoro e l’esistenza di tanti cittadini” ha dichiarato il 27 aprile scorso (a questo link la sua dichiarazione: https://bit.ly/3dyHJ71). 

Così il 30 aprile scorso anche la senatrice Julia Unterberger, avvocato di Merano e Presidente del Gruppo Autonomie, pur facendo parte della maggioranza che sostiene il Governo, è intervenuta in Aula dopo le dichiarazioni di Giuseppe Conte per ribadire lo stesso concetto, dimostrando in modo efficace cosa significa appartenere ad un partito come la Svp che rappresenta i bisogni e l’istanza di autogoverno di un territorio: “Nessun Paese in Europa sta procedendo come l’Italia: nonostante il fatto che tutti abbiano chiuso la maggior parte delle attività produttive, nessuno è arrivato a farlo come noi e hanno tutti ricominciato a riaprire… Non a caso, gli Stati federali che danno un ruolo importante alle Regioni, offrono i risultati migliori”, ha affermato la senatrice dell’Alto Adige. “Abbiamo accettato la concentrazione di potere nelle mani del Governo per la fase 1, perché c’era un’emergenza che richiedeva massima velocità di intervento. Sulla fase 2 – ha concluso – non la accettiamo perché questa è una fase di ripresa economica, nella quale i governatori e le governatrici che conoscono al meglio il territorio devono avere una forte voce in capitolo. La nostra popolazione si confronta con la situazione dei Paesi confinanti e vede che, nonostante il virus, con una politica coraggiosa e con fiducia nei cittadini tanto è possibile” (a questo link la sua dichiarazione: https://bit.ly/35LQIzh).

E così l’8 maggio scorso il Consiglio provinciale altoatesino nel cuore della notte, dopo una lunga maratona con 28 voti a favore, un voto contrario e 6 astensioni, ha approvato il proprio piano per la riapertura delle attività economiche, disattendendo l’indicazione del ministro degli Affari regionali Francesco Boccia di attendere il 18 maggio: la legge provinciale ha previsto, infatti, la riapertura delle attività commerciali, produttive industriali e artigianali sin dallo stesso giorno, venerdì 8 maggio pomeriggio, mentre da oggi, lunedì 11 maggio, nel rispetto delle norme del distanziamento e precauzioni sanitarie, hanno riaperto le attività di servizi alla persona (parrucchieri, barbieri, estetisti, centri estetici), servizi di ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande (bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), musei, istituzioni culturali comprese biblioteche e centri giovanili. Quindi dal 18 maggio, sempre seguendo dettagliati protocolli di sicurezza, torneranno ad essere offerti i servizi per l’infanzia con gruppi ridotti. Il 25 maggio riapriranno tutte le strutture ricettive presenti sul territorio provinciale e gli impianti a fune. 

Al ministro Boccia non è rimasto che prendere atto, rendendo persino ossequio “al segnale di grande responsabilità” dato dalla Provincia Autonoma di BZ per aver stabilito che “si adeguerà alle linee guida nazionali sul lavoro” (ad oggi ancora non adottate dall’Inail) e annunciando che “il governo non può far altro che impugnare il provvedimento limitatamente alle parti in contrasto con le regole sulla sicurezza del lavoro”. In ogni caso la sentenza della Corte Costituzionale non arriverà mai prima del 1º giugno, data di fine del lockdown stabilita dal Dpcm del 26 aprile. Ben diverso trattamento è stato invece riservato alla Presidente della Calabria, contro la quale si è tuonato perché aveva consentito con propria ordinanza di permettere la riapertura dei bar e ristoranti con tavolini all’aria aperta distanziati: ordinanza impugnata dal Governo davanti al TAR (essendo un atto amministrativo e non una legge) e quindi rapidamente annullata.

Si sa: la ragione del guanto di velluto riservata al Presidente Kompatscher è politica, in quanto i voti dei parlamentari dell’Svp sono fondamentali al Senato per la maggioranza che sostiene il Governo. Difficile quindi spiegare a commercianti, baristi, parrucchieri ed estetisti che in Veneto dovrebbero aspettare per riaprire il 1º giugno (come da Dpcm del 26 aprile scorso) considerato che nella nostra regione si è fatto un numero di tamponi analogo a quello dell’Alto-Adige con un rapporto percentuale di soggetti positivi inferiore (come si evince dal grafico alla fine di questo testo). Così il presidente Zaia sta aspettando sornione che il cavallo di Troia della Provincia Autonoma di Bolzano apra la breccia.

E’ infatti facile prevedere che il Governo (in grave ritardo nell’approvazione del piano e protocolli per la riapertura in sicurezza delle attività) sarà costretto ad inseguire le Regioni che stanno pressando per la riapertura, con alcune che hanno già stilato un proprio calendario per le riaperture di bar, negozi, spiagge, parrucchieri (ad es. il presidente Michele Emiliano ha disposto la ripartenza per i parrucchieri a partire dal 18 maggio). Il ministro Boccia ha già dovuto dichiarare che il governo, diversamente da quanto aveva inizialmente affermato, è pronto a concedere dal 18 maggio aperture differenziate sulla base delle valutazioni del ministero della Salute (https://bit.ly/3cn0Gtn).

Del resto la Presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, il 29 aprile scorso in una intervista al Corriere della Sera (https://bit.ly/2WlRoZ9) ha ricordato opportunamente che la nostra Costituzione non prevede lo ‘stato d’eccezione’ e anche in situazioni di crisi valgono i principi di sempre, pur tenendo conto delle circostanze. In particolare la compressione di un diritto o di un principio costituzionale deve sempre essere ispirata “ai principi di necessità, proporzionalità, ragionevolezza, bilanciamento e temporaneità”. E “più la compressione è severa, più è necessario che sia circoscritta nel tempo”. Ebbene: ai titolari di bar e ristoranti o di attività di servizi alla persona come barbieri, parrucchieri ed estetisti è stato intimato con un semplice Dpcm (provvedimento di rango secondario tra le fonti del diritto) di restare ancora chiusi sino al 1° giugno. Questa compressione per un ulteriore periodo del loro diritto al lavoro e alla libertà d’impresa è necessaria, proporzionata e ragionevole rispetto alle esigenze di salute pubblica? Difficile sostenerlo: con specifici protocolli di sicurezza da attuare rigorosamente e con controlli seri anche le loro attività potrebbero riaprire prima, quanto meno nei territori in cui sussistono le precondizioni sanitarie di sicurezza, ragion per cui appaiono discriminati rispetto ad altri. Come ha sostenuto l’avv. Massimo Malvestio in una intervista su un quotidiano locale, o lo Stato rimedia alla discriminazione o dovrà indennizzarli. E infatti sono già state annunciate le prime cause.

Concludo con una considerazione politica: come l’Alto Adige, anche il Veneto sta chiedendo nella fase 2 di avere maggiore autonomia sul piano sociale ed economico, avendo dimostrato con il proprio sistema sanitario regionale di aver saputo praticarla responsabilmente nella fase dell’emergenza sanitaria. Penso alle migliaia di imprese che si sono già messe in sicurezza per poter ripartire ed attendono con ansia di poterlo fare, penso alle preoccupazioni delle migliaia di titolari e dipendenti di bar e ristoranti, nonché delle attività dei servizi alla persona (tra cui parrucchieri, barbieri, estetisti) che non possono permettersi di aspettare il 1º giugno, penso alle famiglie che chiedono risposte per le esigenze di cura ed educative dei bambini e alle scuole dell’infanzia paritarie e nidi privati accreditati che si stanno mettendo a disposizione anche per i mesi estivi. Perché in analoghe condizioni di sicurezza non si può fare anche in Veneto ciò che si fa in Alto Adige? Lo Statuto del Veneto recita all’art. 2 che “l’autogoverno del popolo veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e alle tradizioni della sua storia”. Ma il Veneto non ha un partito regionale analogo alla SVP che tuteli politicamente il suo diritto all’autogoverno. Ecco la ragione del mio impegno per costruire una forza politica che sappia rappresentare i bisogni e le aspirazioni di questo territorio senza dipendere dalle logiche autoreferenziali e centraliste dei partiti nazionali.

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