*di Simonetta Rubinato
Dovremmo considerare più spesso l’opinione che dell’Unione Europea ha chi la osserva da fuori e la considera il principale esperimento su scala globale per affrontare le sfide che l’umanità ha davanti a sé nel XXI secolo: la rivoluzione tecnologica, il collasso ecologico (di cui è una manifestazione anche la pandemia in atto), la crisi democratica degli Stati nazionali e la guerra nucleare.
“Per compiere scelte sagge sul futuro della vita abbiamo bisogno di superare il punto di vista nazionalista e dobbiamo collocarci in una prospettiva di cooperazione globale”… “Questo non significa abolire le identità nazionali , abbandonare le tradizioni locali e trasformare l’umanità in una grigia poltiglia omogenea… Infatti, fornendo uno scudo protettivo continentale militare ed economico, si può sostenere che l’Unione Europea ha nutrito il patriottismo locale in luoghi come le Fiandre, la Lombardia, la Catalogna e la Scozia. L’idea di sostituire una Scozia o una Catalogna indipendenti risulta più attraente quando non si deve temere un’invasione da parte della Germania, quando si può fare affidamento su un fronte comune europeo contro il riscaldamento globale e le aziende globali” (Yuval Noah Harari).
“L’Unione ha fallito in molte delle sue funzioni, principalmente perché non ha creato uno spirito veramente democratico. Ma il libero movimento di persone e beni ha enormemente democratizzato le opportunità economiche all’interno del continente. E se l’Unione diventasse una ‘Europa delle regioni’ – capace di comprendere la Catalogna e la Scozia, non solo la Spagna e il Regno Unito – potrebbe contribuire a stabilizzare le tensioni politiche nazionali. Oggi servono altri esperimenti politici di questo tipo, a livello continentale e globale” (Rana Dasgupta).
Quasi profeticamente nell’agosto del 1943 Jean Monnet- il più importante ispiratore della ‘Dichiarazione Schuman’ del 9 maggio 1950, punto di partenza del processo d’integrazione europea – ammoniva che “Non ci sarà pace in Europa se gli Stati verranno ricostituiti sulla base della sovranità nazionale… Gli Stati europei sono troppo piccoli per garantire ai loro popoli la necessaria prosperità e lo sviluppo sociale. Le nazioni europee dovranno riunirsi in una federazione.”
Avere consapevolezza di quanto si è raggiunto insieme in Europa dal dopoguerra ad oggi (pace, democrazia liberale e sviluppo sociale ed economico) e della dimensione globale dei problemi da affrontare oggi e in futuro ci rende cittadini europei capaci di esigere dai governi nazionali le cessioni di sovranità necessarie alla costruzione di una vera federazione tra gli Stati europei rafforzando nel contempo i poteri delle Comunità locali e regionali, secondo il principio di sussidiarietà. Attuando così il progetto delineato nella Costituzione Europea: “i popoli d’Europa, pur restando fieri della loro identità e della loro storia nazionale, sono decisi a superare le antiche divisioni e, uniti in modo sempre più stretto, a forgiare il loro comune destino”. Perché “«Unita nella diversità», l’Europa offre ai suoi popoli le migliori possibilità di proseguire, nel rispetto dei diritti di ciascuno e nella consapevolezza delle loro responsabilità nei confronti delle generazioni future e della Terra, la grande avventura che fa di essa uno spazio privilegiato della speranza umana”.
Guarda il video con l’intervento di Rana Dasgupta in cui spiega perché l’Unione Europea è uno dei motivi per sperare in una transizione pacifica nella crisi degli Stati nazionali: