“La via dell’autonomia per un nuovo equilibrio tra Stato, mercato e comunità”

Questo il titolo della lezione molto partecipata che ho svolto anche quest’anno su invito dell’Università dell’età libera, nell’auditorium della Casa di Soggiorno “Villa delle Magnolie” a Monastier di Treviso. Titolo liberamente ispirato al libro “Il terzo pilastro” di Raghuram Rajan, economista per il quale le comunità locali sono l’antidoto sia al capitalismo malato che al nazionalismo populista.
Oggi viviamo un paradosso: da un lato siamo circondati dall’abbondanza, l’umanità non è mai stata così ricca grazie alle tecnologie e alla globalizzazione che ha fatto uscire miliardi di persone dalla povertà, ma dall’altro il cambiamento tecnologico e l’integrazione dei mercati ha concentrato il potere politico a livello centrale e sovranazionale e il potere economico nelle mani di poche multinazionali, per cui la gente comune si sente sempre più lontana dal luogo dove vengono prese le decisioni, tanto più se vive in luoghi che stanno conoscendo un declino economico e sociale, che vede i giovani andarsene altrove, nelle aree metropolitane più sviluppate, come sta accadendo in tante regioni dei Paesi europei.

Come trovare un rimedio? Tornando a rafforzare il potere dello Stato-nazione? No, secondo Raghuram Rajan: il nazionalismo populista pone le domande giuste, ma dà le risposte sbagliate. In realtà oggi da un lato i problemi di scala globale hanno bisogno di soluzioni a livello globale e dunque di collaborazione tra gli Stati a livello sovranazionale (basti pensare alla sfida nucleare, alla sfida tecnologica, alla sfida climatica, ma pensiamo anche all’epidemia del coronavirus in atto). Ecco perché l’esperimento sovra-nazionale dell’Unione Europea è da salvare ma va corretto in chiave di maggiore sussidiarietà e insieme di maggiore integrazione democratica. Dall’altro lato occorre però ridefinire il paradigma locale-globale, riconoscendo che ogni luogo ha bisogno di una risposta differenziata per affrontare le pressioni della globalizzazione, servono cioè politiche di sviluppo diverse a seconda degli asset dei diversi territori per poter attrarre attività economiche, politiche che dunque si possono meglio costruire a livello regionale che centrale. Restituire attraverso l’autonomia più poteri e risorse alle Comunità locali – che sono in grado di essere più inclusive – può aiutarci dunque ad affrontare i costi della globalizzazione, preservandone i benefici.

“Le comunità salveranno il mondo. Non le community virtuali, quasi sempre formate da individui senza veri legami sociali, ma proprio le comunità locali, fatte di persone in carne e ossa”: questo il messaggio positivo di Raghuram Rajan. In fondo non è forse ciò che hanno chiesto i Veneti con il referendum sull’autonomia differenziata per avere gli strumenti necessari affinché il nostro territorio possa adattarsi alle nuove sfide e continuare a creare benessere per tutti?

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