Il problema è il Nord e il fatto che riceve più risorse. È vero?
*di Luca Baggio
“Col meridionalismo piagnone e assistenzialista non si va da nessuna parte!”. Sembra una dichiarazione del vecchio Bossi, è invece un estratto di un’intervista rilasciata da Enrico Letta il 9 maggio 2010 al “Corriere della Sera”. Sì, proprio Enrico Letta, ex-presidente del Consiglio nel 2013, fatto fuori dal suo compagno di partito Renzi con la sua celebre frase “Enrico stai sereno!”. Sono trascorsi diversi anni, ma purtroppo il “meridionalismo piagnone e assistenzialista”, continua ancora ad essere ascoltato dal governo Conte, oggi più che mai. Ultimo esempio, la crociata che la stampa ed i presidenti di regione del Sud-Italia, stanno facendo contro la “presunta” iniqua ripartizione delle risorse per la sanità. In prima fila “Il quotidiano del sud”, con due articoli del 20 e 21 gennaio 2021. Uno si aspetta che da un giornalista del Sud si denuncino gli esodi dei cittadini verso il Nord per curarsi adeguatamente, oppure lo spreco di risorse per scarsa organizzazione. E invece no. Il problema è il Nord e il fatto che riceve più risorse. È vero? Per rispondere occorre fare una premessa e tornare al 1992, dove, con l’approvazione del decreto legislativo n. 502 sono state previste l’aziendalizzazione delle Ulss (introducendo elementi di management sanitario per la razionalizzazione delle risorse) e la regionalizzazione del sistema sanitario (con l’obiettivo di portare la gestione dei servizi, il più possibile vicino ai cittadini), fermo restando il ruolo di indirizzo e controllo dello Stato. Infatti da quel momento si parla anche di “federalismo sanitario”, perché tutte le regioni sono finanziate allo stesso modo. Come? Attraverso la quota capitaria, ossia un importo uguale per ogni cittadino italiano corretto su base regionale in base all’età della popolazione. È evidente che le regioni con la popolazione più anziana, ricevono una quota maggiore, perché più alti sono i costi per la prevenzione cura e riabilitazione a favore delle persone anziane. Ecco perché ad esempio nel 2020 lo Stato ha assegnato 1.935 euro per abitante al Piemonte e 1.800 euro alla Calabria perché ha la popolazione più giovane (tra l’altro commissariata da ben undici anni dallo Stato per carenze nella gestione). Dunque, da oltre 25 anni, le Regioni Italiane gestiscono la sanità a parità di risorse, ma il divario nord sud è aumentato, sia in termini di dotazione di tecnologie sanitarie che rispetto alla qualità delle prestazioni. Se in campo sanitario ci sono ancora due Italie, la colpa non è certo del Nord che ha pure i suoi problemi, visto anche quello che è successo con il covid-19, prima in Lombardia e ora anche in Veneto. Non servono polemiche Sud contro Nord. Le risorse, (scarse per tutti) sono distribuite equamente. C’è bisogno di unione e non di divisione. Il meridionalismo piagnone e assistenzialista non aiuta a curare meglio i cittadini del sud. Serve ben altro!