Ritirato il disegno di legge ‘Boccia’ per l’Autonomia

*di Luca Baggio

Come volevasi dimostrare. L’attuale Governo, al suo insediamento, aveva promesso di mettere insieme le richieste di maggior autogoverno delle Regioni e degli enti locali con le esigenze di garantire livelli uniformi di prestazioni su tutto il territorio nazionale. Molti nel centro-sinistra ci credevano. Dicevano: “vedrai che l’autonomia differenziata la porteremo a casa noi e non certo la Lega che, con Salvini al governo avrebbe potuto farlo e non lo ha fatto”. Sindaci e amministratori ci speravano. Innumerevoli i casi che si potrebbero portare a supporto di una diversa distribuzione delle competenze e risorse tra lo Stato centrale ed i territori. Ad esempio non è più possibile, non poter assumere il personale che serve negli uffici comunali, carenti a causa di norme nazionali che impediscono le assunzioni, pur in presenza di bilanci annuali continuativi in attivo.
Infatti, molti cittadini non riusciranno ad usufruire del superbonus 110 per cento, per carenza di personale negli uffici di Edilizia privata comunale. Oppure, a dover sottostare a graduatorie ministeriali, per poter assumere un’insegnante con i noti ritardi che questo comporta per l’avvio della stagione scolastica. Il Disegno di legge, preparato e già tanto discusso, avrebbe dovuto essere approvato come collegato alla Legge di bilancio 2021. È stato invece ritirato dal Governo. Gli avversari del decentramento amministrativo dello Stato, hanno vinto ancora una volta. Come si sono mossi? Prima con il fuoco di sbarramento di un noto quotidiano nazionale che non potendo fare battaglie contro il governo amico di Conte, hanno trovato nell’autonomia differenziata il loro nuovo nemico. Poi, guarda caso nei giorni scorsi, in piena pandemia con manifestazioni (poco seguite) in venticinque città italiane contro la “secessione dei ricchi” organizzata da una nuova organizzazione chiamata la “rete dei numeri pari”.
Che fare ora? Anche questa vicenda ha dimostrato che la via delle maggiori autonomie attraverso i partiti nazionali, che siano di centro-destra o di centro-sinistra non è percorribile. Per i veneti, che più di tutti, per ragioni storiche, geografiche (regione in mezzo a due regioni a statuto speciale) e imprenditoriali, vogliono maggior autogoverno, è l’ennesima sconfitta. Resta valida una sola opzione. Quella del movimento territoriale veneto sul modello della “Sud Tiroler Wolskpartei”, che porti in parlamento un gruppo di quindici o venti parlamentari con l’unico mandato di tutelare le esigenze del territorio. È quello che hanno chiesto i veneti con il referendum del 23 ottobre 2017 e che per fortuna non da tutti è stato dimenticato.

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