“L’irrilevanza viene da lontano”, titolava lo scorso 30 maggio La Vita del Popolo, settimanale della diocesi di Treviso, riferendosi al dibattito proposto dal Forum di Limena e agli interventi del professor Paolo Feltrin e del senatore Paolo Giaretta.
Per aprire il dibattito nel numero di domenica 20 giugno è stata quindi pubblicata con il titolo “L’autonomia frustrata” la mia replica. Eccola:
L’AUTONOMIA FRUSTRATA
di Simonetta Rubinato, referente dell’Associazione “Veneto per le Autonomie”
Dispiace che chi è stato classe dirigente del centrosinistra veneto manifesti una tale estraneità al sentire dei veneti, apostrofandoli di “ignoranza” anche per essersi “accodati” al referendum sull’autonomia. E che studiosi che si dichiarano indipendenti facciano analisi di parte. Forse questo spiega perché il PD veneto e i suoi alleati non siano mai riusciti ad essere una credibile alternativa al centrodestra e al leghismo, nonostante l’irrilevanza politica del Veneto a livello nazionale sia un dato di fatto. Le aspirazioni autonomiste e federaliste di questa terra, che tanto consenso hanno portato alla Lega Nord (ma già erano iscritte nello Statuto della Regione approvato con legge dello Stato nel 1971), sono rimaste infatti sino ad oggi frustrate per l’incapacità di chi ha governato il Veneto di tradurre quel consenso in potere negoziale a Roma. Tutto questo con la complicità omissiva di un’opposizione di centrosinistra supina agli ordini delle segreterie nazionali. La partecipazione nel 2017 di 2,3 milioni di elettori ad un referendum legittimato dalla Corte Costituzionale meriterebbe invece un minimo di rispetto e di indignazione contro l’ostruzionismo frapposto dal centralismo politico e burocratico omologante.
Quanto alla “bolzanizzazione” del Veneto, derisa da Giaretta e Feltrin, magari fosse così! La Provincia autonoma dell’Alto Adige, nonostante sia una piccola comunità in un territorio montano, ha l’indice di natalità più alto, il reddito pro-capite più elevato, standard di qualità dei servizi a famiglie, giovani e imprese a livelli europei e ottime relazioni internazionali. Perché stupirsi dunque se i veneti, con la loro cultura pratica del fare e dell’intraprendere, ambiscono ad un autogoverno come quello di Bolzano anzich “a comandare a Roma”? Tanto più in tempi in cui l’organizzazione del potere in chiave verticistica e centralistica è superata dalle dinamiche glocali e dall’integrazione europea. Non a caso le economie più resilienti, anche nella risposta al Covid-19, provengono da Stati di dimensione regionale, Città-stato o Stati federali.
I veneti, del resto, sono insieme venetisti e cosmopoliti come lo era Guido Piovene: “La loro terra per i veneti è una verità. Essa non ha nulla a che fare col sentimento nazionale (…). Non è politica (…). Ma esiste nel cuore dei veneti una persuasione fantastica che la loro terra sia un mondo, un sentimento ammirativo, e quasi un sogno di sé stessi, che non hanno l’eguale in altre regioni d’Italia”. E come Goffredo Parise: “Il Veneto è la mia Patria”. Non l’Italia. Anzi: “La mia Patria è Ponte di Piave, (…) ma sto qui, abito a Roma, all’estero. Perché? Perché così è la vita”. Non è una specificità questa?
Ben venga allora la “bolzanizzazione” se ci porta l’autonomia e ci avvicina ai Paesi europei più avanzati. Per questo tuttavia servirebbe al Veneto una forza politica regionale come la Svpdell’Alto Adige, mancando un vero partito federale ed essendopalese l’ostruzionismo di tutti i partiti nazionali.