Ho letto con attenzione la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’inammissibilità del referendum sulla legge Calderoli per l’attuazione dell’autonomia differenziata.
E quando si leggono le carte si può avere sempre qualche sorpresa, in questo caso nel leggere i motivi delle richieste sull’ammissibilità o meno del referendum formulate dalle parti contrapposte.
La Regione Veneto ha evidenziato “che – in considerazione del «carattere profondamente demolitorio» della sentenza n. 192 del 2024 – il voto sul referendum in esame finirebbe per avere a oggetto disposizioni residue vigenti, ancorché́ inapplicabili”. È il contrario di quanto sostiene la Lega nella sua comunicazione politica, ovvero che la Consulta avrebbe “promosso” la legge Calderoli e quindi il percorso per l’autonomia va tranquillamente avanti.
Il Comitato dei promotori del referendum (contro la legge Calderoli) “esclude che la stessa legge possa ritenersi a contenuto costituzionalmente vincolato o costituzionalmente necessaria” in quanto “l’art. 116, terzo comma, Cost. conterrebbe una disciplina suscettibile di autonoma applicazione, anche solo in forza di singole «deroghe all’ordinaria ripartizione delle funzioni», da attivarsi per ciascuno specifico caso per il tramite di legge rinforzata”. In sostanza, secondo i promotori del referendum, si può fare benissimo a meno della legge Calderoli perché la Costituzione disciplina già l’applicazione del regionalismo differenziato.
E’ davvero singolare che la Regione Veneto continui a difendere una legge che ammette essere in parte demolita, in parte inapplicabile, mentre il Comitato dei Promotori del referendum dica che si può procedere all’attuazione dell’autonomia differenziata senza bisogno della legge Calderoli!
Anche la Corte Costituzionale peraltro riconosce che “va escluso che la legge n. 86 del 2024 sia costituzionalmente necessaria ai fini dell’attuazione dell’art. 116, terzo comma, Cost.”. Non solo: nella sentenza procede ad una sorta di “interpretazione autentica” della sua precedente decisione sui ricorsi di alcune regioni contro la legge Calderoli (pronuncia che era stata tirata per la giacchetta sia da destra che da sinistra) e ne sottolinea il «massiccio effetto demolitorio»: “la sentenza n. 192 del 2024 ha eliminato gran parte del disposto normativo di cui alla legge n. 86 del 2024, incisa nella sua architettura essenziale, lasciando in vita un contenuto minimo”.
Che utilità ha allora per per i cittadini veneti che si continui a investire tempo ed energie su una legge procedurale che non è necessaria per l’attuazione dell’autonomia differenziata quando, come ammesso dal ministro Calderoli, per “riscriverla” sulla parte dei Lep servirà il resto della legislatura e solo nella prossima – forse – si entrerà nel merito dell’autonomia chiesta dai Veneti, quando sarà passato un decennio dal referendum del Veneto?
Non sarebbe meglio presentare da subito su determinate funzioni strategiche per gli interessi della nostra Comunità regionale e per alcune realtà peculiari della stessa (come ad es. il nostro sistema integrato di servizi educativi e scolastici 0-6 anni) una nuova proposta di autonomia differenziata o – meglio ancora – di statuto speciale (come fece il Friuli Venezia Giulia nel 1963) solidamente «giustificata alla luce del principio di sussidiarietà» e dei requisiti di efficacia, efficienza, equità e responsabilità indicati dalla Corte Costituzionale così da poter rispondere in modo più adeguato alle esigenze delle nostre famiglie, dei giovani, dei lavoratori e delle imprese?
Non va dimenticato, infatti, che il terzo comma dell’art. 116 Cost. fu scritto nel 2001 pensando proprio al Veneto, regione che, oltre ad avere specificità analoghe a quelle delle regioni a statuto speciali (aree montane di confine con minoranze linguistiche e la città insulare di Venezia), è l’unica i cui cittadini hanno ripetutamente manifestato l’aspirazione all’autogoverno, dimostrando da sempre di saper praticare il principio di sussidiarietà. La pazienza dei Veneti ha i suoi limiti: credo che portarla all’estremo sia mancanza di coraggio.
Simonetta Rubinato, presidente “Veneto per le Autonomie”