Autonomia dimenticata come i bambini delle scuole paritarie del Veneto

Chi ha confezionato la pagina del Corriere del Veneto di oggi forse non sa quanto sia azzeccato il titolo dell’autonomia dimenticata accostato al tema del finanziamento da ultimo arrivato per i nidi e le scuole materne(in Veneto in assoluta prevalenza paritari), che si aggiunge ai fondi storicamente stanziati dal Ministero dell’Istruzione a favore delle scuole dell’infanzia paritarie e a quelli aggiuntivi versati da Regione e Comuni del Veneto per garantire la sostenibilità dell’accesso di quasi 90mila bambini veneti ai servizi per l’infanzia. Il Veneto è infatti l’unica regione italiana in cui oltre il 65% dei bambini dai 3 ai 6 anni sono accolti da strutture private non profit che fanno capo alla Fism (Federazione italiana scuole materne). 

Per capire il collegamento con l’autonomia differenziata, va fatto un confronto con i numeri dell’analoga realtà della vicina Provincia autonoma di Trento, in cui operano le stesse scuole materne affiliate alla Fismtrentina.

Ebbene, sul fronte asili nido un bambino del Veneto può usufruire di una spesa pubblica annua di 1.096 euro per l’erogazione del servizio (data dal contributo dello Stato per 390 € più quello della Regione pari a 706 €), mentre nel Trentino vengono stanziate risorse pubbliche per 7.206 €/bambinol’anno. La differenza è di 6.110 €/anno che moltiplicato per 24.000 bambini veneti che frequentano gli asili nido fanno 146,6 milioni l’anno in meno a disposizione delle nostro territorio per promuovere politiche di sostegno ai servizi alle famiglie e in particolare a quelle più deboli economicamente.

Passiamo ora al confronto negli investimenti per il servizio della scuola dell’infanzia. Nel 2019 lo Stato per le scuole dell’infanzia paritarie venete ha stanziato 54,2 milioni di euro per 76.000 bambini, cioè circa 714€/bambino. La Regione a sua volta ne ha stanziati 16,9 milioni, cioè 223 €/bambino. Se aggiungiamo anche il contributo medio procapite erogato dai Comuni veneti (410 euro a bambino l’anno), ogni bambino del Veneto può contare su una spesa pubblica per il servizio dell’infanzia pari a circa 1.347 euro procapite contro 6.269 € investiti per bambino dalla Provincia Autonoma di Trento. Si tratta di una differenza di 4.922 euro che moltiplicata per 76.000 bambini venetisignifica un gap di risorse di oltre 374 milioni di euro l’anno.

Proprio questo gap di risorse storico (dovuto paradossalmente al fatto che le  comunità hanno realizzato le scuole in Veneto prima che lo facessero lo Stato e i Comuni!) ha penalizzato sino ad oggi  le nostre famiglie, queste scuole e i lavoratori che vi operano (con contratti meno vantaggiosi di quelli che operano nel comparto pubblico) non essendo ancora stato riconosciuto un fabbisogno finanziario standard nell’assegnazione dei fondi statali.

Si tratta a mio avviso del settore e della competenza in cui è più urgente intervenire con l’attribuzione dell’autonomia differenziata alla Regione, essendo una realtà specifica e differente da tutte le altre situazioni regionali, che oggi risulta estremamente penalizzata proprio per la sua virtuosità e che soffre una sperequazione nel confronto con i territori autonomi speciali confinanti intollerabile per le famiglie venete (che devono pagare le tasse per il servizio a livello nazionale, ma poi pagare anche le rette). Vige ancora l’art. 3 della Costituzione?

Eppure, dopo due anni dal referendum del 22 ottobre 2017, Regione e Stato ancora non hanno affrontato e risolto almeno questo tema. L’autonomia dimenticata è dunque un titolo quanto mai azzeccato: significa che Stato e Regione si stanno dimenticando dei bambini e delle famiglie del Veneto.

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